La storia dell'Arcipelago
L'Arcipelago Pontino,
visitato dall'uomo fin dal Neolitico per la raccolta
dell'ossidiana utile per armi ed utensili, vede
nascere i suoi principali centri sotto la
dominazione dei Volsci che lo colonizzarono
sfruttarono le grotte naturali di già esistenti e ne
costruirono altre in strati asciutti e dei Fenici
che la adibirono l'Isola di Ponza a scalo
commerciale.
Ponza fu conquistata nell'VIII secolo
a.C. dai Greci che la chiamarono Pontia. Di quel
periodo rimangono un ipogeo funerario e, secondo
alcuni storici, l'acquedotto di Le Forna. Nel 312
a.C. l’isola, ancora abitata dai Volsci, passò ai
Romani la cui conquista portò un notevole sviluppo
demografico. Inizialmente utilizzata come punto
d’appoggio per le navi in transito, divenne presto
un avamposto fondamentale per la difesa della
Repubblica e un importante cantiere navale con una
numerosa popolazione che si stabilì nello spazio
oggi occupato dalla zona del porto e dalla contrada
si S. Maria.
Ponza era città libera federata
indipendente da Roma ma legata ad essa da accordi
che fissavano diritti e doveri reciproci. Dimostrò
la propria fedeltà all’alleanza nella seconda guerra
punica fornendo navi e uomini che si distinsero per
perizia marinara e combattività tali da meritare
l’alto elogio del Senato Romano. Nell’89 a.C., in
seguito alla guerra sociale detta anche “marsica”,
anche a Ponza fu concessa la cittadinanza romana.
Durante l’Impero Romano l’isola si distinse come
fiorente cittadina ed anche luogo di confino. Vi
dimorò anche Giulia, figlia di Augusto che fu
successivamente trasferita in una dimora di
Ventotene perché implicata nelle congiure contro la
matrigna Livia Drusilla. Rimangono su
Ponza numerosi
resti della dominazione romana come vasche e
cisterne per l’acqua piovana, un acquedotto, rovine
di alcune ville tra le quali quella sulla Collina
della Madonna ed il relitto di una galea romana
naufragata probabilmente nel I secolo d.C. La
tradizione narra che proprio in epoca romana sia
stato attribuito il nome all’isola, in onore del
governatore di Giudea Ponzio Pilato.
Nel 537 morì a
Palmarola papa Silverio (diventato
poi patrono del comune di Ponza che lo
festeggia il 20 giugno) che sull’isola era stato
esiliato perché giudicato eretico. L’isola si
distinse nel periodo medioevale come fiorente centro
religioso e commerciale grazie all’opera dei monaci
benedettini che vi eressero l’abbazia di Santa
Maria. Dal IX secolo però iniziarono le feroci
razzie da parte dei pirati saraceni e solo nel 1202
l'isola tornò all'antica importanza grazie alla
Bolla con la quale papa Innocenzo III riaffidò ai
frati cistercensi l'abbazia di Santa Maria, la quale
nel1233 venne incorporata nella Basilica di
Sant'Anastasia fuori le mura di Roma.
Le acque di
Ponza furono poi teatro di numerose
battaglie navali e nel 1454 fu occupata dagli
Aragonesi che scacciarono dall'isola i monaci
cistercensi i quali, rifugiatisi a Formia, fondarono
la chiesa di Santa Maria di Ponza. L’isola subì
altri pesanti attacchi per mano del pirata saraceno
conosciuto come il "Pirata Barbarossa" e
del corsaro Dragut e nel 1542 fu concessa in feudo
da Carlo V a Pier Luigi Farnese (parente con i Duchi
di Parma, che erediteranno il titolo su Ponza), con
l'obbligo di difenderla dagli attacchi corsari, ma
nel 1655 si verificò un'ulteriore feroce razzia
compiuta dai turchi che fecero saltare la torre del
porto. Dopo un breve periodo di presidio austriaco,
Ponza e le sue isole limitrofe passarono sotto il
dominio dei Borboni (nel 1734 Elisabetta Farnese,
madre di Carlo III di Borbone re di Napoli, cedette
l'arcipelago al figlio) che fecero pervenire coloni
soprattutto da Ischia e misero finalmente l’isola al
sicuro dalle incursioni piratesche sconfiggendo nel
1757 un manipolo di navi turche presso l'isola di
Palmarola grazie all’appoggio di galee da guerra
maltesi e pontificie.
Nel 1768 re Ferdinando IV di Borbone, per migliorare
le condizioni di vita degli isolani, inviò tecnici
per dirigere i lavori che vennero attuati grazie al
lavoro di centinaia di forzati ergastolani. Furono
avviate e portate a compimento le strutture che
ancora oggi caratterizzano maggiormente
l'arcipelago: il Porto di
Ponza con la
caratteristica quinta curvilinea di abitazioni su
due livelli stradali, la fortezza, il palazzo degli
Uffici (oggi sede del Comune), la chiesa, il
cimitero, il Forte Papa alle Forna, l'Ergastolo di
Santo Stefano, la cittadina di
Ventotene ed il suo
porto, detto Pozzillo, innestato sull'antico Porto
romano ben salvaguardato.
Nel 1813 Ponza fu occupata dagli inglesi ma due anni
dopo, con il Trattato di Vienna, l'isola fu
restituita ai Borboni. Nel pomeriggio del 27 giugno
1857 Ponza fu raggiunta dalla spedizione di Carlo
Pisacane che, impadronitosi del piroscafo
Cagliari, liberò i detenuti del carcere che si
unirono alla sua spedizione contro il Regno delle
Due Sicilie che finì tragicamente.
Nel 1861, con la caduta del Regno delle due Sicilie
per mano di Giuseppe Garibaldi, Ponza e le altre
isole dell’arcipelago furono annesse al Regno
d'Italia.
Durante il regime fascista l’arcipelago,
storicamente appartenente dell'antica provincia di
Terra di Lavoro in Campania, fu affidato alla
provincia di Latina nel Lazio (con la zona di
Formia-Gaeta, Fondi e Sora) e destinato a luogo di
confino degli oppositori politici. In particolare
nell’ergastolo di Santo Stefano furono detenuti l'ex
Presidente della Repubblica Sandro Pertini, Giorgio
Amendola, Altiero Spinelli e Ernesto Rossi. A questi
ultimi due si deve la redazione del così detto
Manifesto di Ventotene ("per un'Europa libera e
unita. Progetto d'un manifesto") del 1941 che
costituì negli anni successivi un riferimento
importante per il processo di formazione dell’unione
dei paesi europeied anche Mussolini dopo il suo
arresto vi fu detenuto dal 27 luglio al 7 agosto
1943.
Dal 1935 vennero aperte le miniere per lo
sfruttamento del giacimento di bentonite a Le Forna
(miniera S.A.I.M.P.: Società Azionaria Miniere Isole
Pontine) e di perlite a Frontone e Capobianco che
crearono centinaia posti di lavoro pagati con l’alto
prezzo della devastazione di alcune delle cale più
belle dell’isola e non pochi casi di silicosi tra
gli operai.
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